«Niente assomiglia alla morte come l’amore».
A cavallo fra le due guerre una generazione dimenticata e ribelle fatica a trovare la propria identità. Aurélien Leurtillois, reduce dalle trincee, da cui rimane inevitabilmente tormentato, rientra a Parigi nelle vesti di giovane rentier, e vive sulla sua pelle tutte le gioie e le angosce di questa affannosa ricerca, calcando il palcoscenico surrealista dei folli anni Venti, magistralmente allestito da Louis Aragon e popolato da veterani, poeti, pittori, epicurei, uomini d'affari, soldati americani e donne viziose... Eroe borghese, seduttore indolente, affetto da una versione inedita di quel mal du siècle che aveva contagiato tutta la letteratura francese, Aurélien viene travolto, quasi controvoglia, da un amore divorante per l’inafferrabile Berenice, giovane donna di provincia dal discutibile buongusto. Quello di Aragon è un romanzo che vive di sottili equilibri e irriducibili dualismi – città e provincia, evasione e fedeltà, amore e matrimonio, la continua tensione fra il mondo reale e quello, forse ancora più reale per i surrealisti, dei sogni deformati – mostrando un certo disgusto per il materialismo del mondo moderno. Pubblicato nel 1944 e tradotto oggi per la prima volta in Italia, Aurélien ci consegna lo spettacolo di una Francia perduta, sia cronologicamente che esistenzialmente, dove la vita interiore delle emozioni, delle menzogne e delle illusioni ha la meglio su qualsiasi realismo, come se l’esistenza non fosse altro che un intervallo tra un’ombra di seduzione e un’altra, il tentativo di galleggiare al confine di un desiderio che conviene più contemplare che non realizzare, così come inventarsi un amore è sempre meglio di viverlo.