«Appartengo a quella nicchia d’umanità senza paese che non prevede un itinerario e conta sui propri piedi; per scelta di vita, segue i sentieri meno battuti».
Come sarebbe se all’improvviso, invece dei soliti filtri con cui guardiamo il mondo – a partire dalla political correctness, all’educazione, la religione, i riferimenti ideologici, la morale ultra-riformata occidentale ecc. – arrivasse un insolito, scomodo, anzi sconvolgente invito a visitarlo controcorrente, come un marziano estraneo a tutte le nostre costruzioni mentali? E se, in un tale viaggio à rebours, dall’Eritrea a New York, dall’Etiopia a Istanbul, da Roma e Milano ai paesi dell’Est e alla Svizzera, si scegliesse di seguire una pista di racconto totalmente diversa, smontando una per una le nostre aspettative da comodi lettori? Che cosa potrebbero avere in comune l’ossessione del Negus Rosso, l’ex dittatore etiope, per la presunta discendenza del suo popolo dagli alieni, la contadina di uno sperduto villaggio dell’Est che mette in scena un’originale protesta in vista delle elezioni, e la penna a sfera BIC? “Marziano monotematico dalle piume di cristallo”, l’io narrante di questo libro si svela presto un dissacratore della contemporaneità, nel filone degli avanguardisti atemporali – Ezra Pound a capofila – in una scrittura del disincanto estremamente sperimentale, marcata da una continua e naturale contaminazione linguistica, da un dialogo sottile che l’autore intrattiene con il poeta dei Cantos: un duetto quasi teatrale, scandito da un ritmo febbrile tra narrazione e poesia. Lasciate ogni preconcetto, voi ch’entrate...