«Tutto dello Stato, sempre a carico dello Stato, io sono un mantenuto dello Stato, un magnaccia statale! Ma di quart’ordine... io sono un peso morto per lo Stato. Sono la sua cattiva coscienza».
“Cavallo Pazzo”, alias Mario Appignani, ha vissuto l’infanzia e la prima giovinezza da cavia sociale per dodici sconfinati anni, peregrinando in un circuito dell’orrore, fra orfanotrofi lager e case di rieducazione, carceri minorili e manicomi disumani. Moderno Odisseo dal volto scavato e un corpo da antilope, sempre pronto alla fuga, Appignani racconta il suo viaggio all’inferno, documentando i meccanismi coercitivi di un apparato assistenziale corrotto e violento. Situazionista, provocatore per costituzione, in età adulta proverà a combattere con la scrittura e con le più rocambolesche e impensabili dimostrazioni pubbliche il sistema di rieducazione statale. In questo crudo memoir, dove la violenza si alterna alla delicatezza delle prime gioie sessuali, dove una vita commissariata dallo Stato si sospende grazie a rari momenti di evasione dovuti alle letture di Rimbaud, Balzac, Kafka e Flaubert, Proust, Moravia e Marinetti, Appignani si scompone, come carne da macello, offrendosi in pasto senza clemenza, e forse con qualche menzogna, allo sguardo del lettore, come nella vita si è sempre offerto instancabilmente a quello delle telecamere, ossessionato dalla visibilità, dalle sabbie mobili dei nascenti media che ha adulato e scandalizzato, fino a esserne inghiottito.
Introduzione di Filippo Ceccarelli Prefazione di Marco Pannella