Poeta, provocatore, teppista, mercenario, guerrigliero, scrittore autodidatta dal narcisismo ipertrofico senza uno straccio di titolo di studio, avversario politico di Vladimir Putin, Eduard Limonov (Dzeržinsk, 22 febbraio 1943 – Mosca, 17 marzo 2020) è una delle figure più controverse della letteratura russa contemporanea. Arrivato a Mosca nel 1967, riesce a inserirsi negli ambienti underground, di cui diventa presto l’idolo, dando inizio a una vita straordinaria che sarà successivamente immortala dalla penna di Carrère, autore di una biografia romanzata che lo consegnerà al grande pubblico. Nel 1974 si trasferisce in America, dove vive alla giornata facendo il clochard e poi il domestico per un miliardario, quindi in Francia, città che lo rende in breve tempo uno scrittore in voga. Nel 1992 ritorna in Russia, e in meno di un anno fonda il giornale «Limonka» e il Partito nazional-bolscevico. Si schiera poi in difesa della Serbia di Milosevic, e finisce a difenderla nei Balcani, dove si arruola tra le tigri di Arkan. Rientrato in Russia viene arrestato per la sua attività politica, l'accusa è di aver preparato un golpe armato. Dopo due anni nel terribile carcere di Lefortovo, gli viene concessa l'amnistia. Fra le opere narrative – per lo più autobiografiche – si ricordano Il poeta russo preferisce i grandi negri (1980), Il libro dell’acqua (2002) e Il trionfo della metafisica (2013). II 17 marzo del 2020 il partito Altra Russia, di cui lo scrittore era il leader, annuncia la morte di Limonov.